La cultura del sesso contro il revenge porn

29 Maggio 2020

Revenge porn, porno vendetta: condivisione non consensuale di materiale sessualmente esplicito prodotto e scambiato in privato per umiliare – esponendone la sessualità senza il suo volere – una persona con cui si è avuta una relazione affettiva o sessuale. Cosa c’è dietro? Qual è l’impatto sulla nostra sessualità e sul piacere di sperimentare?
I modi in cui esplorare la propria e l’altrui sessualità sono potenzialmente infiniti e spesso incrociano le possibilità offerte da strumenti digitali come smartphone o pc. Che si sia vicini o lontani, in una relazione stabile o meno, desideri, fantasie e fluidi sbattono contro e attraversano schermi. Sguardi e corpi caldi trapassano e sfondano le barriere che non sono più tali: le macchine entrano in maniera crescente e potente nelle nostre esperienze e rappresentazioni erotiche.
Ti voglio, e ho voglia che mi guardi. Ti mando una foto del culo e mi eccita l’idea del tuo sangue che si scalda. Mi pensi? Fammelo vedere. Mi piace come mi osservi dall’altra parte dello schermo, mi fai venire voglia di togliermi i vestiti e parlarti mentre sono nuda. Ti voglio guardare, mettiti così. Mi piace quando stai zitto perché il tuo silenzio parla ed è una promessa.
Sempre più persone introducono nella propria vita sessuale il sexting (lo scambio d’immagini o messaggi sessualmente espliciti) o le videochiamate a sfondo erotico. Molte si registrano durante la masturbazione o i rapporti sessuali. Si (ri)guardano e si condividono per moltiplicare i momenti di piacere. Occhi, seni, bocche, culi e cazzi viaggiano attraverso l’etere e bagnano altri corpi, spingono fuori orgasmi e lasciano un’inesorabile sensazione di languore. Tutto è desiderio e tutto è carne, anche se bidimensionale e fatta di pixel: si gioca con le fantasie, ci si esprime e si gode per sé, per l’altro e per il sesso. Lo faccio per me, lo faccio per te, facciamolo insieme.


Rispettando i desideri e i confini, però, poiché tutto questo avvenga in maniera consensuale e senza pressioni o ricatti, come a volte invece accade, in maniera più o meno velata.
Che cosa succede se ciò che doveva restare privato e contingenziale diventa pubblico? Cambia di senso e diventa tutt’altro: non più gioco consensuale ma strumento di prevaricazione e abuso di potere, esibizione di conquista, vendetta e reale violenza di genere. Nella gran parte dei casi, infatti, si tratta di materiale che rappresenta donne: ex fidanzate, amiche, amanti, a volte figlie. Esibite, sminuite e trasformate in oggetti all’interno di ridotte chat tra amici fino ad arrivare a gruppi sui social network da migliaia d’iscritti. La condivisione d’immagini private – accompagnate da masturbazioni collettive farcite delle più banali e prevedibili offese di matrice sessista – e la diffusione d’informazioni personali offerte al pubblico ludibrio, diventano il rituale collettivo su cui fondare una maschilità tossica e misogina. Il desiderio femminile è così depotenziato e privato della sua autodeterminazione, sminuito, vilipeso, oggettivato, soprattutto quando si esibisce sfacciato, consapevole, potente.
Sei su una di queste chat? Te la sei cercata! Certe foto non si fanno, è colpa tua se è andata a finire così. Era meglio evitare, si sa come sono fatti gli uomini. Il revenge porn è, a tutti gli effetti, una forma di violenza di genere. Le sue radici affondano in un substrato di stereotipi sul maschile, sul femminile, e sulla sessualità in generale. Tabù e modelli sessisti si mischiano e alimentano quella che viene più ampiamente definita una “cultura dello stupro”. Stigma, silenzi o risate conniventi – insieme a una scarsa conoscenza del piacere e del consenso – alimentano una subdola ma quanto mai reale violenza di genere di cui tutt* – a ogni condivisione – siamo complici. Questa lede tutte le soggettività – maschili, femminili, non conformi – poiché agisce sulle rappresentazioni, le esperienze e le possibilità erotico-relazionali di ciascuno.
Se il revenge porn ha a che fare con l’abuso di potere, la violenza di genere e il vilipendio della persona, è ora di costruire una cultura del sesso e del porno che sia inclusiva, etica e consensuale. In cui si possano sperimentare (anche) i giochi di potere e il vouyeurismo in molti modi eccitanti e consensuali, perché quelle che s’incontrano attraverso gli schermi sono soggettività reali, concrete, inviolabili anche nella loro apparente bidimensionalità. Il personale è ancora politico, ma il piacere può restare anche privato.

Revenge porn
"Quello che resta di quella notte in cui tu mi guardavi attraverso lo schermo e io ti parlavo nuda dal mio divano".
Riepilogo